Subire o accettare
«Ma perché tutto questo sta accadendo proprio a me?». Vi sarà capitato di chiedervelo almeno una volta nella vita, vero?
E probabilmente, nel cercare una risposta, una volta superata l’insipida teoria che le cose avvengano a caso, avrete inizialmente cercato di attribuire la colpa di “tutto questo” a eventi o persone esterne, poi a voi stessi e a vostri presunti difetti caratteriali, poi ancora al karma derivante da azioni da voi commesse nel passato, magari in una vita precedente addirittura.
Insomma, qualcuno o qualcosa sarà colpevole – o perlomeno responsabile – di “tutto questo”, no?
Amici, so bene che “tutto questo” può essere in alcuni casi molto, molto pesante, a volte drammatico, a volte molto drammatico. Io stesso ho vissuto più di un momento così, conosco bene ciò di cui sto parlando. E quello che ho constatato, ogni volta, è che i pensieri e le riflessioni che ho citato prima non hanno mai risolto il problema.
C’è una (apparentemente) sottile ma fondamentale differenza tra subire una situazione e accettarla, poiché l’energia che sto impiegando – in un caso e nell’altro – hanno un verso tra loro diametralmente opposto: finché cerco un colpevole, un responsabile, una parte di me – se non tutto – sta cercando di allontanare “tutto questo” da me per non più subirlo, si sta difendendo, sta mettendo le mani avanti; ma se apro le braccia, se lo accolgo come se fosse un parente dimenticato anziché un ospite sgradito, la mia coscienza si apre a una dimensione totalmente nuova.
Beninteso, non è qualcosa che avviene in un attimo, come schioccando le dita. Si tratta di un vero e proprio processo, un lavoro che richiede impegno, poiché per com-prendere devo “prendere con me”, accettare che quel che mi sta accadendo mi riguardi da vicino, mi appartenga, sia in qualche modo “mio” (anche se non riesco sul momento a spiegarmelo). E a volte vi sono “ospiti” nella nostra vita che fatichiamo moltissimo a considerare nostri “parenti”.
Non è una questione di testa, poiché il cervello può anche arrivare ad afferrare i meccanismi esistenziali che hanno portato a una certa situazione. È nel cuore che si è aperto un disagio, è lì che fatichiamo ad accettare, ed è proprio lì che bisogna operare per favorire la trasformazione della nostra coscienza.
Se questo lavoro interiore produce un risultato, insieme alla nostra coscienza qualcos’altro muta. A volte la situazione stessa, a volte semplicemente il modo in cui la stiamo vivendo.
“Tutto questo” è talmente variegato, nelle nostre vite personali, che non si può qui scendere in dettagli, ma una cosa è comune a tutti: se continuiamo a subire e a considerarci vittime degli eventi, la sofferenza non potrà che aumentare e richiederà – per essere sopportata – di qualche narcotico, chimico o emotivo. Mentre nel momento stesso in cui riusciamo a invertire la nostra disposizione energetica dal rifiuto alla (vera) accettazione, altre cose – similmente – si ribaltano, e molto sovente la debolezza o impossibilità che ci angustiava diviene un elemento di forza d’anima insospettabilmente stabile.
Perché ho aggiunto “vera” ad accettazione? Perché noi siamo (purtroppo) i primi ingannatori di noi stessi, “ce la raccontiamo”, come si suol dire. La differenza tra subire e accettare è talvolta così sottile che è necessaria un’osservazione di sé veramente implacabile per smascherare dove e quando “facciamo finta”, senza porre mano alla direzione del flusso energetico della nostra coscienza.
Per ribaltare la nostra situazione di vita – o perlomeno il modo in cui ci ritroviamo a viverla – occorre un vero rivolgimento di coscienza, radicale e possibilmente irreversibile. È come se dicessimo «Sì!» alla vita senza porre condizioni, perché di questo si tratta, nel momento che si accetta veramente “tutto questo”.
Potremmo allora ritrovarci a percorrere una strada in qualche modo simile a quella che si aprì davanti a Fatima (vedi “Il destino – 1”), una volta che superò la disperazione e si addentrò nell’entroterra. Perché in certi casi ciò che ci attende dietro l’angolo – l’inaspettato – è più favorevole e benefico di quanto possiamo immaginare.