Il corpo in usufrutto
«Il corpo è mio e ne faccio ciò che voglio!». Avete sicuramente già sentito questa frase, forse potreste averla anche pronunciata, in un momento di ribellione a qualcuno o qualcosa che vi sembrava stesse limitando la vostra libertà.
È un’affermazione corretta? Si basa su una conoscenza? Guardiamoci dentro …
Il processo della nostra nascita mostra chiaramente che la vita “ci è stata data”. Non è solo un’espressione popolare, è proprio una realtà biologica: innanzitutto spermatozoo di papà, ovulo e utero di mammà. E poi la vita, quello che mette in moto il corpo, il pulsare di qualcosa in noi di cui non conosciamo assolutamente l’origine.
Per quanto riguarda il corpo, esso è stato alimentato (a nostra totale insaputa) per nove mesi e ha potuto poi alimentarsi e crescere per diverso tempo solo con il grande contributo di elementi esterni a noi. La vita che vi pulsa dentro è poi un fenomeno talmente misterioso che l’unica cosa certa è che non dipende da noi.
Tuttavia noi abbiamo in realtà l’impressione che il corpo sia nostro! Ora, al di là delle credenze e delle illusioni sensoriali, la domanda per me più interessante è: chi ha questa impressione? Non certamente il corpo: il corpo è tuttalpiù “oggetto” di proprietà (vera o presunta che sia), non è il “soggetto”. E allora chi è il soggetto?
Una possibile risposta che viene data a questa domanda è “la mia anima”. In tal caso è corretto dire che la mia anima entra nell’esistenza su questo pianeta attraverso un corpo, che gli viene dato in usufrutto. Questo vale a dire che possiamo utilizzarlo per farlo fruttare.
Noi umani abbiamo però in genere trasformato l’usufrutto in una sorta di usucapione, cioè “l’acquisizione a titolo definitivo di un bene mediante il suo uso continuativo”. Vedete l’equivoco? Usare temporaneamente qualcosa o possederla a titolo definitivo – e trattarla di conseguenza – sono azioni molto, molto differenti!
Non siamo noi a generare il corpo, non siamo noi a renderlo vivente, non siamo noi a crescerlo … che senso ha vantare diritti nei suoi confronti? Siamo però indubbiamente responsabili – se non noi, chi altri? – di usarlo correttamente e farlo fruttare, come verso ogni cosa ci venga data in usu-frutto.
Ora, perché alla nascita la mia anima si è ritrovata proprio in questo corpo, con tutto quello che comporta? Per caso?
È un tema su cui mi sembra indispensabile prendere posizione. A questa domanda occorre prima o poi rispondere (meglio se dal profondo di noi stessi), poiché dalla nostra risposta discendono tutte le scelte di percorso nella vita, o perlomeno la loro impostazione di massima: se non è un caso che io abbia esattamente questo corpo, con le sue capacità innate e le sue tare ereditarie, con tutto ciò che apprezzo e non apprezzo …
Resta il mistero sull’origine della vita e sul suo senso, la sua direzione, il suo fine. Senza avere anche solo un primo bagliore – un’intuizione – che illumini questo mistero, è difficile comprendere al meglio come conviene impiegare il nostro corpo e la vita che lo abita.
Il tema è complesso ed estremamente variegato, poiché ciascuno di noi ha la sua storia, il suo specifico percorso evolutivo, viene da esperienze diverse e va verso esperienze diverse. Ma qualcosa proverò a dirlo.
Prossimamente su questo schermo …