I sì e i no
Nelle 144 cartine che hanno ispirato “Esoterico quotidiano” (vedi “Come è nato il libro”) ce ne sono due con scritto un semplice “Sì” e un semplice “No”.
Quando qualche amico ha estratto una di queste carte e si è trovato a commentarla, ha avuto un iniziale momento di smarrimento, ma poi ha compreso: vi sono occasioni nella vita in cui un sì o un no determinano un percorso, definiscono un’etica, generano un rimpianto, e molte altre cose ancora.
Tra i tanti aspetti che questi due piccoli vocaboli innescano ne ho scelti tre, sulla base di certi fatti che sono stati parte della vita mia e di persone a me vicine. Se poi avrete voglia di raccontarne qualcun’altro voi a me, potete scrivermi cliccando su quel tastino in fondo all’articolo.
Una quarantina di anni fa, smanioso di mostrare il mio (presunto) avanzamento di coscienza a una persona appena conosciuta, dissi una cosa che suonava più o meno così: «Nel corso della vita è sicuramente meglio dire sempre “sì” piuttosto che sempre “no”, poiché nel primo caso si incorre sicuramente in errori ma – prima o poi – si finisce per arrivare alla meta, mentre nel secondo ci si blocca nello status quo e si rischia la paralisi».
È evidente che stavo dicendo una sciocchezza, poiché una scelta del genere a) è assolutamente teorica (nella pratica è impossibile – e insensato – scegliere un comportamento così stereotipato) e b) a volte gli errori generati da un sì incauto possono avere conseguenze così drammatiche da mettere in difficoltà – e anche in forse – l’esistenza stessa.
Tuttavia ancora oggi penso che avere di base una propensione per il sì sia effettivamente più salutare, poiché non lascia troppo spazio alla paura dell’ignoto, che mi pare il vero e fondamentale avversario di ogni progresso umano sul piano della coscienza.
“Se l’Avversario non riesce a ostacolarti, allora cerca di comprarti”. È in quest’area che albergano i “no” che definiscono la nostra dimensione etica, i sacrifici accettati per non far torto ai valori maestri della nostra vita.
Se guardo a ritroso l’evolversi della mia esistenza (e di quella di alcune persone che stimo), i no sono stati come le vertebre di una spina dorsale. No a offerte di lavoro compromettenti, no a relazioni senz’anima, no al conformarsi al pensiero dominante per essere accettati, no a ottenere benefici dall’esercizio di un potere. Alcune volte con costi molto alti, in termini di benessere, altre volte meno.
Oggi, ormai anziano, so che essi mi hanno lasciato in usufrutto un grande senso di dignità – come se in qualche modo avessi reso onore al dono della vita – e non hanno generato alcun rimpianto.
Di rimpianto mi ha invece parlato un mio amico, una persona verso cui nutro un grande rispetto. Un giorno venne chiamato ad accompagnare gli ultimi momenti di vita di un suo caro amico molto malato e si trovò incastrato in un complesso dilemma: gli impegni presi verso la comunità di cui faceva parte – impegni che lui stesso aveva contribuito a generare – gli vietavano di partire, mentre la vicinanza d’anima all’amico malato lo spingeva ad andare. Alla fine non andò e dopo poco tempo l’amico morì.
Ci troviamo sempre all’interno della dimensione etica della vita, il confronto tra un valore sociale (il rispetto di una regola che tu stesso hai promulgato) e un valore sentimentale, ma qui il “no” non restituisce dignità, anzi. Poiché il mio amico si è reso conto di aver affrontato un momento-kairòs della vita (vedi “Tempo”) con un approccio un po’ conformista, nel senso di conforme all’ambiente in cui viveva ma non alla propria interiorità. I momenti-kairòs sono assoluti, richiedono scelte che coinvolgono tutto il nostro essere, e il mancarli è vissuto dalla nostra coscienza come una sorta di crimine. Riconoscerlo chiaramente davanti a sé stessi («ho sbagliato») non spegne il rimpianto, ma recupera una parte della dignità perduta. E non è poco.
Quante facce hanno il sì e il no, vero?! Non ci sono ricette efficaci a priori per le scelte che la vita ci pone davanti, occorre sempre calarsi nella propria interiorità e affrontare “a partire da lì” il nostro quotidiano.
In ogni caso, mi pare sempre attuale il consiglio di Gesù riportato nei Vangeli: “Che il tuo sì sia sì, il tuo no sia no”.