Le parole tradite
Come dicevo in “Cosa significa esoterico”, molte parole nascono in un posto ma poi, strada facendo, si ritrovano in un altro e quasi nessuno ricorda più da dove erano partite. Considerando che “tradire” proviene da tradere – portare via, in un altro posto o dimensione – vale la pena soffermarci un po’ su alcune parole che nel corso del tempo sono state più o meno tradite (beninteso, non posso né voglio essere esauriente, sono solo degli stimoli a non accettare quel che viene detto per come appare in prima battuta).
Quante volte un evento più o meno catastrofico viene presentato come una drammatica apocalisse? In realtà apocalisse significa “rivelazione, svelamento, manifestazione”. Vero è che la più famosa Apocalisse della storia, quella di Giovanni che conclude la Bibbia, preannuncia eventi di grande impatto per l’umanità, ma confondere l’annuncio profetico di un evento con l’evento in sé è quantomeno assurdo. E poi, siamo sicuri che le mirabolanti profezie di Giovanni non riguardino un processo di trasformazione interiore, invece di clamorosi disastri terrestri? Che la rottura dei vari sigilli non indichino progressive aperture di coscienza, che la Bestia descritta non sia il nostro avversario interno, e via così?
Il caso di tradimento più stupefacente, secondo me, è quello che riguarda eretico, che deriva da airetikos, letteralmente “colui che sceglie”, una qualifica che non contiene di per sé alcun elemento negativo, anzi. Tuttavia, se ne cercate il significato (anche in prestigiosi vocabolari), trovate “chi, pur facendo parte di una chiesa o confessione religiosa, si allontana radicalmente dalle ideologie ufficiali”. Del suo etimo originario – che allude a un diritto esistenziale inalienabile di ogni essere umano – non si fa menzione e l’eresia è sempre associata a qualcosa di spregevole: o a una sorta di tradimento religioso (punito in passato in vari modi, dall’ostracismo alla tortura fino alla soppressione della vita) o tutt’al più a una palese assurdità (“che eresia è mai questa?”).
Anche perfetto merita una riflessione. Fateci caso, l’idea di perfezione che ci si presenta alla mente in prima istanza è “uno stato ideale, immobile nel tempo e nello spazio, quasi irraggiungibile da ciascuno di noi (che siamo, con tutta evidenza, assai imperfetti). Perficio però significa “portare a termine, completare”. Nulla di irraggiungibile, dunque!
Eckart Tolle racconta di essere andato a cercare nelle versioni più antiche della Bibbia il passaggio “Siate perfetti come il Padre vostro che è nei cieli” e di aver trovato un termine diverso, “siate integri …”. Integro vuole anche dire completo, e quindi perfetto, ma non allude a uno stato ideale, statico e irraggiungibile. È qualcosa che ciascuno di noi può essere, qui e ora. È uno stato di unità interiore, l’UNO, lo stato del Padre che è nei cieli. Certo che occorre, per essere integri, una stretta coerenza tra ciò che si è, ciò che si dice e ciò che si fa …
“Lo stai facendo solo per interesse!” appare quasi come un insulto, ma … è un crimine fare quello che rappresenta il nostro stato interiore, l’inter-essere, ciò che siamo interiormente? Senza vero interesse non siamo in grado di dispiegare le nostre migliori energie, né possiamo andare al di là di noi stessi, delle nostre possibilità del momento, frutto – queste – del nostro passato. Senza interesse non c’è dunque evoluzione.
È vero però che molti esseri umani sono interiormente assai inquinati, sia mentalmente che emotivamente, per cui il loro manifestarsi nel mondo è sovente così pervaso di egoismo (e dei suoi figli: prevaricazione, astuzia e menzogna) da far pensare che “essere ciò che si è” sia altamente sconsigliabile, in una società (cosiddetta) civilizzata. Ma non siamo tutti così! C’è ancora della bellezza nell’interiore di alcuni esseri umani.
Il verbo potere ci dice che davanti a noi si aprono molte opportunità: io posso essere … posso fare … posso accogliere … (con tutte le molteplici declinazioni che questi verbi permettono). Il “potere” è dunque qualcosa che non riguarda altri che noi stessi. E allora perché oggi, quando si considera il senso di questa parola, la prima immagine che viene alla mente è quella che riguarda il suo esercizio sugli altri? Cosa ha permesso questo salto acrobatico da “cosa è nelle mie possibilità di vita” a “come posso determinare (e soggiogare) la vita degli altri”?
Qualcosa, nel corso del tempo, ha manipolato questi – e altri – termini, e sarebbe interessante approfondire questi piccoli spunti per comprendere come possiamo ritrovare il vero significato delle cose, e da questo risalire al significato della nostra stessa esistenza. Perché anche la nostra vita è diventata qualcosa di molto diverso da quello che era in origine …
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