Gli ostacoli
Alcuni giorni fa, al confine tra il vecchio e il nuovo anno, eravamo in cinque intorno a un piccolo falò sulla spiaggia, intenti a offrire al fuoco ciò che di non-più-attuale il nostro vivere portava ancora con sé (vedi “2023, si cambia”). Una situazione molto viva e pregnante, un piccolo – ma autentico – rito simbolico per innescare dentro di noi un processo di cambiamento che sentivamo tutti estremamente necessario.
Nella chiacchierata che è seguita uno di noi ha chiesto agli altri cosa pensassero degli ostacoli che si incontrano nella vita e ora vi racconto le riflessioni che ne sono nate, senza pretendere di costruire un discorso del tutto organico.
Un ostacolo ti impedisce di esprimere le tue potenzialità.
Un ostacolo ti spinge a tirar fuori le tue potenzialità.
Queste osservazioni – apparentemente antitetiche – mostrano in realtà due atteggiamenti assai diversi, due “risposte” agli eventi della vita che provengono da due differenti stati psicologici: se subisci l’ostacolo resti impedito, se lo accetti puoi usarlo per crescere, per evolvere.
L’ostacolo offre inoltre la resistenza necessaria all’espressione della forza. Nel salto con l’asta, ad esempio, senza la “buca” che ferma la rincorsa non c’è modo di salire in verticale.
Gli ostacoli sono elementi esterni a noi (più o meno casuali) o proiezioni di nostri aspetti interiori?
La risposta che riusciamo a dare a questa domanda determina la disposizione con cui li affrontiamo. Poiché è evidente che se dipendono in qualche modo da noi possiamo interagire con essi, arrivando – se tutto va bene – ad accettarli (e quindi a utilizzarli per un’evoluzione); altrimenti possiamo solo subirli, combattendoli o facendo resistenza. In quest’ultimo caso essi si riveleranno probabilmente abbastanza dolorosi.
A onor del vero, va detto che il processo di accettazione è complesso, sovente arduo, a volte anch’esso doloroso, poiché vi sono certamente in noi delle resistenze all’accoglimento di ciò che contrasta le nostre intenzioni. Ma se gli ostacoli che si presentano sono proiezioni di aspetti interiori ancora annodati, è evidente che tenderanno a ripresentarsi nella nostra vita – in forme diverse – fino a che non li avremo prima accettati e poi sciolti.
Per un entronauta (un essere umano che ha intrapreso un viaggio all’interno di sé stesso per trovare il senso della propria vita) è naturale vedere negli ostacoli una possibilità di conoscenza di sé, poiché essi mostrano – in modo impersonale, oggettivo – i limiti di cui non è ancora consapevole.
In questo contesto gioca un ruolo fondamentale la paura, il timore di non riuscire a superare ciò che ci ostacola. Riuscire a non farci paralizzare da essa attiva in noi risorse inaspettate, che possono poi entrare a far parte stabilmente del nostro patrimonio caratteriale.
Davanti a un ostacolo siamo costretti a fermarci, a interrompere il nostro “andare”. Ad esempio una malattia (lieve o profonda) ci impedisce di continuare a fare tutte quelle cose apparentemente indispensabili in cui eravamo impegnati. Si fa allora strada in noi – a volte in modo impercettibile – un altro punto di vista sulla realtà: quello che ci sembrava così importante perde valore, altri elementi si palesano e prendono spazio. Quando torniamo all’esistenza attiva non siamo più gli stessi, e – magia! – non lo è più nemmeno la nostra vita: altre cose accadono, e le nostre reazioni hanno qualcosa di diverso.
Estendendo la riflessione precedente, si può dire quindi che gli ostacoli determinano il ritmo della nostra vita più delle nostre stesse intenzioni, le quali stabiliscono solo l’andare e non il fermarsi, i passi e non le soste. Senza ritmo non v’è danza.
Ecco, questi sono stati i principali pensieri che abbiamo condiviso davanti al nostro fuoco di fine anno, secondo un approccio che ha tentato di andare al di là del fatto evidente che l’apparire di un ostacolo non è mai gradevole per nessuno. C’è un’immagine che ci siamo portati a casa, quale simbolo concreto di ciò che era stato detto: il volo di un aquilone, che accoglie l’ostacolo del vento contrario su di sé per trovare la spinta necessaria a salire su nel cielo e danzare nell’aria.