Vecchiaia (estratto)
Quanti anni hai?
Sessantasette.
Però! Non li dimostri! Te ne darei … diciamo una sessantina.
Sì, mi è spesso capitato nella vita che mi attribuissero meno dei miei anni.
Quando ero ragazzo mi dava un po’ fastidio, avrei voluto sembrare più vecchio.
Ora che sono un anziano invece non ti nego che la tua osservazione mi da un certo sottile piacere. Che buffo eh?
Anziano … dai, non si è anziani a sessantasette anni!
Ah no?
L’anzianità, la vecchiaia, non dipende dall’età anagrafica, è uno stato del corpo e della mente, non sei d’accordo?
Sì e no.
Da un certo punto di vista è vero, si è giovani o vecchi a seconda di come si vive, di come sta l’organismo, di come si pensa, di come si spera …
Ho letto da qualche parte un aforisma carino: “La gente non smette di giocare perché diventa vecchia; diventa vecchia quando smette di giocare”.
Carina, di chi è?
E chi se lo ricorda? Un non trascurabile problema del diventare vecchi è che la memoria comincia a funzionare a macchia di leopardo!
Dicevi “sì e no”. Perché no?
Perché il cosmo ha i suoi ritmi.
Il cosmo? In che senso?
Sai qualcosa di astrologia?
Qualcosina …
Che l’oroscopo natale racconta il nostro tipo umano, le nostre tendenze, le nostre mancanze, la nostra predisposizione ad avere certi problemi …
Non credo però che racconti anche i nostri “fatti”, a quello mi rifiuto di credere!
Beh, i fatti spiccioli no, a quello non credo nemmeno io. Però ci sono aspetti che vanno considerati, diciamo … impostazioni di vita che sono fortemente influenzate.
Dimmi: a che età si diventa “adulti”, secondo te?
Intorno ai trent’anni?
Perlomeno, così si dice.
Appunto.
Sai cosa succede nel cosmo quando abbiamo circa trent’anni? Che Saturno ha fatto un intero giro nello Zodiaco intorno alla Terra e ripassa sulla posizione che aveva al momento della nostra nascita. Per essere precisi ci mette circa ventinove anni e mezzo.
E questo vuol dire …
Saturno rappresenta in noi, tra altre cose, la razionalità. Quando ripassa sul punto dove si trova nel nostro oroscopo natale la nostra razionalità esce dallo sfondo della nostra coscienza, su cui si trovava fino a quel momento, ed entra in primo piano.
Fino a trent’anni puoi pensare che da grande farai questo oppure quello, a volte immagini sviluppi della tua vita totalmente campati in aria, stai ancora facendo esperimenti un po’ a casaccio, alla “come viene viene”. Ma a un certo punto ti ritrovi a fare una scelta netta tra ciò che per te è essenziale e ciò che è superfluo. Questo induce il passaggio di Saturno!
Fammi pensare …
Sì, in effetti anche per me è andata così. (…).
Però mi ricordo che non me la vivevo tanto bene, questa situazione. Ho fatto fatica a prendere queste decisioni …
Per forza! Saturno ti spinge a decidere togliendoti delle cose, ripulendo la tua vita dal superfluo con cui ti eri beato fino a quel momento. Puoi vederla come una specie di potatura. Chiedi un po’ a un albero se è contento di essere potato …
Ora, se Saturno dopo ventinove anni e mezzo ci porta dalla prima età, quella dell’infanzia e dell’adolescenza, alla seconda età, quella della maturità … dopo cinquantanove ci porterà dalla seconda alla terza età, quella della vecchiaia.
Ti pare?
Non fa una grinza. Ma allora perché nessuno si sente vecchio a sessant’anni?
Ne sei così sicuro? Nessuno vuole mostrarsi vecchio, questo è certo. Ma quanto a come si sente …
Scusa, ma poi … cosa vuol dire “vecchio”? È vero che è stato un po’ distorto, questo termine. Nell’accezione abituale per vecchio si intende …
Una specie di rudere? Un essere inutile? Buono solo a farsi spillare un po’ di quattrini o per portare i nipotini al parco?
Sto estremizzando ovviamente, ma l’inutilità sostanziale di un vecchio nella società moderna è un fatto.
Beh, dimmi cosa un ultrasessantenne può fare meglio di un … che so … quarantenne, per esempio.
Non la metterei giù così, poiché tu stai sostanzialmente parlando di “performance”, e qui non si tratta di meglio o peggio nel senso di migliore o peggiore performance.
Il problema è un altro, e riguarda (anche) il valore che diamo alla parola “nuovo”.
Cos’hai contro il nuovo?
Nulla, solo che nuovo non è di per sé meglio, non sempre, non in tutte le situazioni.
E poi … nuovo … diversi filosofi hanno dimostrato che la vita è fatta di “corsi e ricorsi”, la stessa Bibbia sostiene che “tutto ciò che è accaduto riaccadrà”.
Dunque di sostanzialmente nuovo non è che ce ne sia poi molto, no?
E come la metteresti, allora?
La metterei così: ogni età ha il suo senso, la sua funzione. Semplificando molto, diciamo che la prima età ha la spensieratezza, la seconda l’efficacia, la terza la conoscenza.
Cioè, questo è quello che accade quando tutto va bene. Perché poi è chiaro che a volte l’infanzia e l’adolescenza possono essere tutto meno che spensierate, la maturità può comportare fallimenti, e la senilità demenza. (…)
Proviamo a immaginare una sorta di “vita ideale”, l’esistenza di un essere umano dignitoso che segue un percorso normale.
Da giovane scorrazzi qua e là, senza troppo impegno, immagini che il mondo corrisponda ai tuoi sogni, piano piano capisci che le cose non stanno così, e a un certo punto decidi chi vuoi essere da grande.
Da grande, da adulto, metti a frutto quello che hai visto, lo adatti come meglio puoi al mondo che ti circonda e lo realizzi in un’impresa, che sia lavorativa o familiare o sociale o spirituale, dipende da cosa è importante in quel momento per te. Nel divenire impresa il sogno si è adattato, adeguato al contesto.
Poi entri nella terza età e a quel punto hai messo a punto una grande esperienza, soprattutto sul modo in cui si evolvono le cose, perché ora sei più distaccato dal risultato dei tuoi sforzi, puoi osservare le cose con obiettività. Sai bene che certe cose funzionano e altre no, o che sembrano funzionare e poi invece si incartano e fanno danni. È la vita che te l’ha insegnato, a prezzo di errori e relative sofferenze. E vorresti aiutare quelli che sono ancora al centro della scena a sbagliare meno, a soffrire meno.
Nell’antichità funzionava in questo modo, l’anziano della tribù era non solo accettato ma anche apprezzato, consultato. Oggi non è più così.
È vero, oggi gli anziani che non fanno di tutto per sembrare giovani, per “tenersi al passo”, sono del tutto ai margini della società. Ma come mai?
Mettiti nei panni di uno di noi, abitanti della terza età: la vita intorno a te è in costante e vorticosa evoluzione, la tecnologia ti sopravanza, le cose che hai imparato – le tue competenze – sembrano continuamente superate da altre, più nuove e apparentemente molto più efficaci. A cosa servi? A nulla!
E se intimamente sei convinto che non vali più nulla, allora magari ti lasci andare, entri in una sorta di ghetto mentale e permetti che la frattura tra te e i più giovani si amplifichi, fino a che diventa un baratro insormontabile. Tu non li capisci e loro non ti capiscono! E la sola cosa per cui finisci di sentirti utile è – appunto – quella di sostenerli con un po’ dei tuoi risparmi e/o portare i bambini a giocare al parco, o in qualche altro posto scelto dai tuoi figli.
Ma è tristissimo!
Certo che è triste, è una resa incondizionata rispetto alla vita, e porta naturalmente alla malattia e alla morte.
Ma chi è responsabile di questo stato di cose?
Tutti, ovviamente, come sempre in ogni cosa.
(…)