Scusate il ritardo

Questa volta parlo di me. È vero che in un certo senso l’ho sempre fatto, ma non direttamente, cercando temi comuni a tutti – o comunque a molti – per mostrare le mie riflessioni, nella speranza che potessero servire anche a te, amico o amica che mi stai leggendo. Questa volta invece, vincendo un po’ di pudore, voglio parlare di cosa è successo a me negli ultimi tempi.
Alcuni mesi fa ho avuto un piccolo ma abbastanza serio infortunio, che ha condizionato – e ancora sta in parte condizionando – la mia vita pratica, limitando la mia capacità di movimento e disturbando il mio sonno notturno. Niente di particolarmente grave, comunque, nemmeno paragonabile a quello che hanno dovuto affrontare alcuni miei amici e amiche, alle prese con dei tumori inaspettati e piuttosto maligni. Però … insomma … un bel fastidio!
In questo periodo sono accadute varie cose, alcune belle e altre brutte, come sempre accade in questa strana avventura che è la vita. Per esempio, vi sono stati amici su cui credevo di poter contare che mi hanno “dato buca”, mentre altri si sono inaspettatamente avvicinati e mi hanno aiutato in modo significativo. Come è probabilmente accaduto anche a voi, quando vi siete trovati nel bisogno.
Ironia della sorte, poco prima del mio infortunio una persona mi aveva gratificato con «Hai lo sguardo di un ventenne!». Credo fosse il mio “canto del cigno”, poiché immediatamente dopo sono stato costretto a osservare l’ineluttabile scorrere del tempo sul mio corpo, ormai incapace di muoversi con la stessa scioltezza e leggerezza su cui ho potuto negli anni contare. E il mio sguardo, oggi, riflette sicuramente (anche) questa un po’ amara constatazione.

Se qualcuno sta pensando “Sì, vabbè, ma perché stai raccontando queste cose, in fondo piuttosto banali, su un blog come Esoterico Quotidiano, dedicato a un altro genere di consapevolezze?”, gli chiedo un attimo di pazienza, ora ci arrivo.
Per alcuni mesi sono stato molto concentrato sul mio stato e su come recuperare la salute, ero come ripiegato su me stesso. Per questo non ho più pubblicato articoli, non avevo nulla da dire. Poi un giorno sono uscito di casa e mi sono accorto che qualcosa era cambiato. Niente di eclatante, nessuno shock. Semplicemente la mia relazione con l’intorno era diversa: ero diventato – ancora più del solito – uno spettatore della realtà.
Una realtà che, in questo momento storico, è di estrema cupezza. Ovunque si posa lo sguardo trova dolore, ingiustizia, ipocrisia, falsità, volgarità. Guerre ovunque, con soprusi che si accavallano ad altri soprusi. Totale assenza di dialogo, dalle nazioni alla politica (e ai relativi salotti televisivi) fino alle persone per le strade. Follia omicida dilagante. L’elenco sarebbe lungo, lunghissimo … ma può essere sintetizzato in “contrapposizione violenta sempre, comunque e a oltranza”.
Davanti a tutto questo qualcosa in me è cambiato. Da un lato sono meno coinvolto, poiché sono consapevole che non c’è modo di fermare questa onda di follia che ha ormai contagiato una grandissima parte dell’umanità. Da un altro lato sono profondamente coinvolto, nel senso che è diventato per me imperativo fare in modo che quanto dipende da me, il mio comportamento quotidiano, non corrisponda in nulla a tale follia. In qualunque ambito. In ogni relazione umana. Verso gli altri e verso me stesso. Fin nei minimi particolari.
Non so se sono (già) in grado di farlo sempre, so che va fatto, con urgenza assoluta. E senza curarmi del suo risultato immediato, poiché non è (soltanto) nelle mie mani.
Mi torna in mente quella storiella sull’incendio scoppiato nella savana e sul leone, il quale veglia a che tutte le creature si mettano in salvo e infine scappa anche lui. Mentre si allontana di corsa dal fuoco incontra un colibrì che va in direzione opposta, verso l’incendio, portando nel becco una minuscola goccia d’acqua. «Cosa fai? Perché non scappi anche tu? Sei matto?», gli dice. E il piccolo colibrì risponde «Io sto facendo la mia parte».

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