Limite, confine, soglia

Quante volte il bambino o la bambina che siamo stati si è sentito dire «Attento! Non andare più in là! È pericoloso!». L’esperienza del “limite” ha fatto parte della vita di ciascuno di noi: «Puoi andare fin lì ma non oltre».
Probabilmente era giusto così, ma nel crescere tutto questo ci ha innegabilmente condizionato, tanto che più tardi, quando nei primi viaggi all’estero ci siamo trovati davanti a un confine, abbiamo dovuto superare una più o meno importante resistenza interna per poterlo varcare, a volte una vera e propria paura. E qualcuno è persino tornato indietro senza oltrepassarlo (conosco persone nate in un’isola che non ne sono mai uscite).
Un confine è dunque un limite?
In un notevole libro di Marco Balzano, “Le parole sono importanti”, ho trovato un interessante approfondimento etimologico dei due termini, a torto ritenuti sinonimi.

Limite deriva dal latino limes, parola che indicava il sentiero che divide due campi, due territori, due domini. In termini militari era la strada presidiata dai soldati, la separazione tra il mondo romano e quello barbaro, allora estremamente pericoloso. Il limes è dunque un luogo che non si deve superare, la difesa da una minaccia, lo spazio dove poli opposti si scontrano: dentro/fuori, amico/nemico, legale/illegale, ecc …

Confine ha un’etimologia molto diversa, deriva da cum e finis, è il luogo dove si “finisce insieme”, dove ci si trova di fronte a qualcuno (la “frontiera”) e lo si può guardare negli occhi, toccare, iniziare a conoscere. È il luogo in cui l’altro-da-me mi offre la sua diversità, la sua varietà.

Marco Balzano racconta anche che vicina (per etimologia) a limes-limite c’è la parola limen-soglia, che in un certo senso collega i due differenti stati su cui stiamo riflettendo. La soglia non è una barriera che delimita e respinge ma un varco che si apre su un’altra realtà, popolata o no che sia.

Un viaggiatore non conosce limiti ma confini, e li varca alla ricerca di mondi e culture dove l’altro-da-sé manifesta usi e costumi diversi dai suoi, a volte curiosi, quasi sempre interessanti e arricchenti per la sua personalità. Si torna da un bel viaggio con un bagaglio di esperienze che ci rendono “cittadini del mondo” più completi.

L’Entronauta (il “viaggiatore interiore”) si trova sovente davanti a delle soglie, dove l’altro-da-sé non sempre ha volto umano. Nei mondi che si aprono davanti alla sua coscienza non è infatti l’apparenza esteriore delle cose che cambia, ma il modo in cui esse vengono percepite, associate, interpretate.
Quante volte ho scoperto aspetti di me che avevano polarizzato fino a quel momento la mia vita, facendomi credere di essere vittima di eventi che avevo invece io stesso generato senza rendermene conto! E quanti aspetti di me non conoscevo! Quante relazioni intessiamo con ciò che ci circonda, in ogni azione che compiamo, in ogni giudizio che emettiamo, in ogni desiderio che inseguiamo! E come questo plasma la realtà (nostra e del mondo intorno a noi) continuamente, a ogni battito di ciglia!
Da un viaggio interiore si torna “cittadini dell’universo”, e non si diviene più completi ma più profondi, vasti e consapevoli.

Il significato etimologico di “limite” raccontava di pericoli incombenti, e il viaggiatore esteriore che varca un confine non può essere del tutto sicuro di trovare una realtà che ne sia priva. Ma può ridurli al minimo se comprende a fondo cosa significa il “finire insieme” che la parola suggerisce, disponendosi verso gli esseri umani che via via incontra in modo aperto, rispettoso dei loro usi e costumi e collaborativo.
Anche nel viaggio interiore vi possono essere a volte dei pericoli, e l’Entronauta deve oltrepassare le soglie che trova via via davanti alla sua coscienza con grande umiltà, consapevole di “non sapere” (o di non sapere tutto), pronto a riformare la propria comprensione sulla base di quanto l’esperienza in atto gli mostra.

Se poi in lui o in lei vive l’anelito a ciò che va oltre la realtà materiale, prima o poi egli incontra la Grande Soglia.
Se osserviamo infatti la straordinaria (e purtroppo molto abusata) immagine medievale a corredo di questo articolo, vediamo che l’Entronauta vi è descritto come il pellegrino che prende le distanze dalle apparenze di questo mondo, attraversa un velo (immateriale ma nondimeno esistente) e si affaccia a un’altra realtà, profondamente diversa, dove tutto è unito e armonico. Là i rapporti tra gli elementi sono completamente differenti, non vi sono distinzioni e opposizioni ma concatenamenti.

Il grande Rumi ce ne dà una suggestione con questa bella poesia:

Là fuori, al di là delle idee di giusto e di falso, vi è un vasto campo.
Come vorrei incontrarvi là!
Quando colui che cerca raggiunge quel campo, si stende e si rilassa.
Là non esiste credere o non credere.

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