Sapere e conoscere
In un magnifico libro ermetico sui Tarocchi un autore che – con grande umiltà – preferisce restare anonimo dice che i processi di conoscenza, quando sono completi, consistono in quattro fasi: intuizione, sapere, azione e trasmissione.
Intuisci tramite la percezione del cuore una certa realtà, coordini nella testa i suoi vari aspetti fino a fartene un quadro esauriente, pratichi nella vita il risultato della tua intuizione trasformata in sapere, e infine … comunichi, diffondi.
Questo dovrebbe essere il processo ideale, quello che genera la “sapienza”. Intuisci, rifletti, pratichi, diffondi. Quando anche solo uno di questi aspetti manca, la conoscenza che otteniamo non è completa – poiché non è veramente radicata in noi – e non sfugge all’usura del tempo.
La società moderna (non solo quella occidentale purtroppo, la globalizzazione ha comportato guasti un po’ ovunque, in questo senso) è fondamentalmente concentrata sul sapere intellettuale. Il sapere della mente è focalizzato sugli aspetti visibili dell’esistenza, quelli che appaiono in superficie, e si risolve molto sovente in un’accumulazione di dati, i quali vengono poi incrociati con altri dati fino a comporre, nella migliore delle ipotesi, un certo quadro d’insieme. Che però continua a parlare di ciò che appare in superficie.
Accumulando dati più o meno coerenti possiamo diventare “dotti”, ma non veri “sapienti” e tantomeno saggi. Inoltre, questi dati non hanno una vera attinenza con ciò che ciascuno di noi è nel profondo. Un computer ben strutturato può accumulare dati e metterli in relazione anche meglio di noi, come una certa branca della scienza sta affannandosi a dimostrare. Non può tuttavia minimamente affrontare temi come “l’origine e la funzione della vita”, che sono invece l’essenza della vera conoscenza.
Da un punto di vista strutturale, molti elementi distinguono un essere umano da un computer, ma il più importante è sicuramente il cuore, con il suo battito vitale e i suoi contenuti.
Il cuore umano – oltre alle sue funzioni biologiche – ha infatti tutta una serie di proprietà e qualità, una delle quali è l’intuizione. Ed è l’intuizione che guida la ricerca del “sapere che ci riguarda nel profondo”. È come un bisogno, una necessità vitale, che a un certo punto della nostra evoluzione ci afferra e ci spinge a ricercare quelle conoscenze che sono funzionali al nostro personale percorso di vita.
Non si diventa dotti, in questo modo, ma si comincia ad apprendere, a sapere ciò che è essenziale sapere.
Poi occorre praticare.
Gli gnostici dei primi secoli d.C. sostenevano che la vera conoscenza consiste in “atti di conoscenza”, che assimili veramente una cosa solo nel momento in cui la pratichi, in cui puoi vedere la reale consistenza – i frutti – di ciò che hai pensato in teoria.
Infine, cosa saremmo noi tutti senza il contributo dei filosofi greci, tanto per restare alla nostra cara vetusta Europa? Gente che ha indagato, e indagato, e indagato (avevano tempo, loro, evidentemente!) … e poi raccontato quello che avevano com-preso, quello che avevano “preso con sé” delle conoscenze ottenute.
E io?
Non sempre ho colto perfettamente le mie intuizioni, non sempre sono riuscito ad approfondire con la ragione ciò che avevo intuito in modo corretto e soprattutto completo, non sempre – ahimè – ho saputo praticare con rigore quanto compreso …
Nel corso della mia vita, se prendo le varie situazioni una per una, tutto è stato … un po’ imperfetto. Ma ora vedo nell’insieme dei vari aspetti del mio vivere una certa integrità, una “imperfezione armonica”, se mi si concede il paradosso. E ho pensato di metterla a disposizione, di comunicarla.
“Esoterico quotidiano” è nato da questa esigenza, un’esigenza pressante e al tempo stesso leggera, scarica da ambizioni letterarie o filosofiche.
È una parte di ciò che ho compreso io. A oggi. Domani … si vedrà.