Il bianco e il nero

Ricordo distintamente quando, alle scuole medie, mi fecero fare l’esperienza del disco di Newton: un dischetto diviso in sette spicchi colorati con i sette colori dell’iride veniva fatto ruotare velocemente. A causa della velocità della rotazione i sette colori sfumavano nel bianco, e il professore ci spiegò che il bianco rappresenta la somma dei colori, mentre il nero la sua assenza.

Dunque, il bianco e il nero nella realtà non esistono, sono delle “incapacità” del nostro apparato oculare. Se fosse più preciso ed efficiente, in ogni cosa osservata noi vedremmo la rappresentazione di uno dei colori dell’iride, o più probabilmente la combinazione di alcuni di loro in varie sfumature.
E allora perché interpretiamo sempre la realtà sulla base di una contrapposizione di valori? Perché le cose per noi sono buone o cattive, belle o brutte, giuste o sbagliate, oneste o disoneste? E perché l’unica alternativa riconosciuta al vedere il mondo in bianco e nero (e al conseguente schierarsi pro o contro) è chiamata – con un certo disprezzo – “la scala di grigio”?
La realtà è diversa, totalmente diversa.

La realtà è multiforme e colorata, finemente colorata.
Ogni persona agisce in base a delle motivazioni, non è “buona o cattiva”. Può essere che le sue motivazioni producano a volte azioni disarmoniche, non adeguate alla situazione, e che i frutti di tali azioni siano dannosi (forse persino funesti) per altre persone o per l’ambiente. O che inneschino invece sviluppi positivi, stimolando negli altri il dispiegarsi di una loro qualità, o fornendo loro un’occasione di pace o di felicità.
Anche noi siamo così. Colorati. Multiformi. Non buoni o cattivi.
Quando compiamo un’azione, lo facciamo con uno scopo, e questo scopo nasce in genere dal nostro bisogno di colmare una carenza, qualcosa che ci manca e che – a torto o a ragione – riteniamo che ci spetti, o che ci renderebbe felici. Molte volte questa carenza affonda le sue radici in una ferita, in un momento della nostra storia in cui riteniamo di aver subito un’ingiustizia. O in un ideale, il quale – anche lui! – proviene da qualcosa che sentiamo mancare e che vorremmo venisse realizzato.
Buoni o cattivi … è una visione grossolana e imprecisa! Nulla nella realtà è bianco o nero, ma … rosso, oppure verde, o blu, o indaco, o giallo, o viola, o arancione, o una sfumatura articolata di più colori.

Lo sguardo della nostra mente ci inganna, anzi, sarebbe più corretto dire che la nostra mente inganna il nostro sguardo. Sempre a scuola imparai che tra un oggetto che stiamo osservando e l’immagine che percepiamo vi è un doppio ribaltamento: l’immagine dell’oggetto si proietta sulla nostra retina capovolta, e poi il cervello interviene per ricapovolgerla, in modo che possiamo vederla nella sua posizione corretta.
Il nostro cervello manipola dunque le nostre percezioni, poiché interviene prima che l’immagine arrivi alla nostra coscienza. E se il nostro cervello ha subito dei condizionamenti (e possiamo essere certi che li ha subiti, e che li subisce di continuo!), automaticamente li applicherà, per cui noi vedremo non la realtà oggettiva, ma l’interpretazione della realtà che la nostra mente avrà suggerito.

Sarebbe interessante approfondire un po’ il tema dei condizionamenti, poiché – anche qui – vi sono vari strati, alcuni più esteriori ed evidenti e altri più interiori e profondi.
Ne parleremo in un prossimo articolo.

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