La perdita della coscienza

Riprendo il tema trattato negli ultimi due articoli, “La vita moderna” e “La rana e la pentola”.
Questo blog è nato intorno all’idea che ogni argomento può essere affrontato da un punto di vista interiore (e quindi esoterico secondo la sua terminologia originaria), in modo da offrire a chi legge uno spunto per la trasformazione di sé stesso.
Ora, ammettendo per ipotesi che vi siano interessi convergenti che complottano per manipolare l’umanità, e che forse, dietro a questi interessi, ve ne sia un altro ancora, cioè quello di far sì che gli esseri umani perdano progressivamente l’uso della loro coscienza, in modo da poterli dirigere a piacere verso azioni terribili, che nulla abbiano a che fare con la loro (presunta) umanità … ecco, in mezzo a tutto questo, che senso ha parlarne in questo blog?
Perché io non intendo fare politica, o gridare scandalizzato al complotto, o generare paura del futuro.
A me interessa … la nostra coscienza! Il suo stato, la sua dinamica, la sua (possibile) evoluzione.

Ricordate gli squadroni tedeschi che marciavano a “passo dell’oca” durante la seconda guerra mondiale? Precisi, perfetti. Così perfetti da … non sembrare umani! Perché noi umani siamo in genere imperfetti, incompleti, quasi sempre dubbiosi, innamorati della libertà. Una falange militare che si muove all’unisono non sembra essere posto per noi, a meno che … non rinunciamo del tutto alla nostra coscienza.
La rana che si lascia tranquillamente andare nel tiepido calore dell’acqua della pentola non si rende conto che sta giocando con la propria vita. Gli esseri umani che accettano di essere trascinati dagli “interessi convergenti” (tanto per dargli un nome) senza opporre resistenza non si rendono conto che, a un certo momento, non saranno definitivamente più padroni della loro vita.

Davanti a tutto questo, possiamo fare qualcosa?
Siamo ancora in tempo per saltar fuori dalla pentola?
Se vi state chiedendo “Perché farlo? In fondo non si sta così male, nell’acqua tiepida di questa pentola! ” … allora probabilmente non siete più in tempo!
Perché non è questione di star bene o star male, di cosa ci appaia gradevole e cosa no. È realmente questione di vita o di morte, poiché per un essere (veramente) umano la perdita della coscienza equivale alla perdita della vita.

Cos’è la coscienza?
Molti pensano che essa agisca in ambito etico, definendo “cosa è giusto e cosa no”, quasi fosse un giudice morale delle nostre e altrui azioni. Ma questa è solo una delle conseguenze – e non certo la più pura – della presenza e dell’esercizio della coscienza in un essere umano.
Altri la considerano equivalente alla consapevolezza, e ritengono che la semplice percezione di quanto accade intorno a noi e delle nostre relative reazioni sia sufficiente a tenerla viva. Anche questo è vero, ma non è certamente tutto.
La coscienza è molto di più.
Essa è una proprietà dell’anima che impregna ogni cellula del nostro corpo. La sua qualità determina direttamente la qualità della vita che conduciamo.
E non solo della vita in cui siamo immersi attualmente, poiché un sunto, un compendio della nostra coscienza di oggi si trasferirà alla personalità in cui ci incarneremo in una prossima esistenza, animerà anche la prossima vita, ne determinerà la qualità, o perlomeno i suoi presupposti.
Poiché, come diceva meravigliosamente Aurobindo, gli esseri umani sono immersi in una grande “avventura della coscienza ”, che attraversa come un filo d’oro il loro vagare nel grande oceano dello spazio e del tempo.
Alla scoperta di sé stessi e – di conseguenza – dei misteri e delle meraviglie dell’universo.

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