La vita moderna
Era un giorno di sole e stavo passeggiando per Lucca, la città dove vivo, bella e gradevole, dove lo sguardo ha molte occasioni per soffermarsi su costruzioni antiche, alberi maestosi, piccoli anfratti silenziosi, terrazze con giardini, botteghe di antiquari …
Non erano ancora arrivati i turisti, che scendono (soprattutto) dalla Mitteleuropa nei mesi più caldi, per cui ero circondato da gente del luogo, intenta a trascorrere una normale giornata feriale. Su dieci persone, otto o nove avevano in mano il telefono, o per una chiamata o per vedere qualcosa sul piccolo schermo. Erano lì ma non erano lì, assorbiti in qualcosa che avveniva altrove, nell’etere che veicolava i colloqui telefonici o trasportava le notizie e le immagini da chissà dove. Concentrati, un po’ frettolosi, sguardo rivolto verso il basso, nessuno sorridente.
Ricordo di aver provato per la prima volta una sensazione di questo tipo anni fa, nella metropolitana di una grande città del nord Italia, dove mi sono sentito immerso in un insieme di uova chiuse, impermeabili, e di aver “sentito” la loro profonda infelicità, un’infelicità senza speranza. Facevano di tutto per “non essere lì”, per non percepire chi stava loro intorno e soprattutto evitare un anche minimo contatto. Occhi bassi, mai e poi mai ad altezza occhi altrui.
Un’altra volta sono passato in una piazzetta dove un centinaio di persone pigiate stava consumando il “rito dell’happy hour”: in un rumore di fondo costante e stordente, costrette a gridare per farsi sentire da chi avevano di fronte, parlavano di … boh! Ho ascoltato per un po’ qualche conversazione, poi sono andato via, per non dare troppo spazio al mio io giudicante.
Certamente io che scrivo e tu che leggi non siamo del tutto immersi in un meccanismo di questo livello, siamo – almeno in parte – consapevoli della realtà in cui viviamo.
Temo però che, altrettanto certamente, non ne siamo del tutto esenti, né io né te. È come un’onda, un’onda astrale costituita di una materia invisibile eppure concreta, talmente diffusa intorno a noi che ci trascina tutti, volenti o nolenti.
La nostra natura umana ci ha donato un elemento straordinario, la coscienza, ed è un’illusione pensare che uno strumento così sofisticato e sensibile non reagisca agli stimoli sensoriali, visibili e invisibili, percepiti e impercettibili, che la nostra esistenza sociale ci fornisce senza sosta.
È la vita moderna. Andiamo al supermercato a comprare prodotti di cui è meglio non leggere la lista degli ingredienti o i trattamenti a cui quel cibo è stato sottoposto … Respiriamo un’aria intossicata da uno smog che comprende vibrazioni invisibili ma onnipresenti (il telefono prende, sì, ma prende cosa?) … Siamo circondati quasi sempre da persone ma viviamo in fondo da isolati, asserragliati nel nostro io, da cui usciamo solo di tanto in tanto (e mai per troppo tempo) … E via così, ormai assuefatti a una meccanica esistenziale che non ha più nulla a che vedere con la nostra origine.
Ricordo una battuta del film “Crocodile Dundee ”, dove il protagonista, arrivato dai grandi spazi australiani per la prima volta alle soglie di New York, guardava i grattacieli e diceva con ingenuità (o ironia) «Devono volersi bene da matti tutte queste persone, per avere voglia di stare così vicini l’uno all’altro! ».
Sì, oggi si vive così, sovente immersi in un formicaio in cui nessuno è veramente in contatto con nessun altro.
Non avete mai l’impressione che non ci sia soluzione a questo andazzo? Che siamo andati oltre “il punto di non-ritorno”? Perché non si può combattere – direttamente, singolarmente – contro un’onda astrale collettiva di questa portata …
Dunque l’unica cosa che si può fare è limitare i danni? Non esiste una vera alternativa? Un’alternativa all’illusione generalizzata, a questo continuo tenerci occupati – ecco un’altra tossina! – che in fondo ci ruba il tempo, il “tempo vuoto” in cui germogliano le nostre migliori prese di coscienza.
Sì, per cominciare a scorgere un’alternativa all’illusione da cui siamo circondati – e manipolati – dobbiamo innanzitutto disintossicarci, un po’ alla volta, perlomeno dalle abitudini più grossolane.
Perché l’alternativa può essere solo un progetto di vita basato su un principio diverso, sostenuto da valori diversi, attuato con decisione, realizzato concretamente.
Ho visto qualcosa del genere, ultimamente. Ve ne parlerò in un prossimo articolo.